Quella dei canti popolari proposti da La Serpe d’Oro è una Toscana vera, scarna, aspra, come il “grande pubblico” non s’immagina più. Una Toscana lontana dai cascinali delle réclame, dall’impertinenza leccata di certo cinema commerciale. Una terra dura, indomita, diversa, come i suoi abitanti. Che son laici per vocazione e, vivendo qualsiasi rapporto come conflitto, tutto mettono in questione, dai sentimenti ai valori. In Toscana, tra le prime terre nella storia ad abolir la pena capitale, niente è intoccabile, da sempre, né la mamma né Dio né qualsiasi altra cosa. E le canzoni stanno lì dimostrarlo: divertenti, sprezzanti, amarissime. Irresistibili. Tra Cecco Angiolieri e Curzio Malaparte, tra Maremma amara e gli stornelli, La Serpe d’Oro assicura un’esperienza musicale e linguistica senza uguali, un suono scientemente bastardo e abbacinante, fatto di strumenti antichi ed elettricità. Un repertorio che vede la dimensione dal vivo, nel contatto diretto tra canto, musica e pubblico, la condizione ideale, imprescindibile e, ovviamente, divertentissima.
Toscani randagi: il cielo negli occhi, l’inferno in bocca
La Serpe d’Oro
19, 20 luglio
Pozzino
Pozzino
